Olimpiadi di Tokyo 2020. Un record di medaglie per l’Italia mai raggiunto prima. Tra gli atleti che hanno fatto più parlare di sé c’è sicuramente il velocista Marcell Jacobs; una notorietà meritata, considerando che ha collezionato ben due medaglie d’oro – nei 100 metri e nella staffetta 4x100m – rompendo il cosiddetto muro dei 10 secondi, cosa avvenuta a livello mondiale solo 156 volte dal 1968 ad oggi.
Oltre che sull’atleta, i riflettori si sono accesi anche sulle scarpe che indossava, non esattamente i classici scarpini da corsa, ma un innovativo modello di scarpe create appositamente per le piste atletiche. Il modello di scarpini si avvale di una tecnologia che fa uso di schiuma di poliuretano e carbonio.
Sia chiaro gli sponsor tecnici, ovvero le aziende che supportano economicamente le competizioni per far indossare agli atleti i propri prodotti, sono una consuetudine ormai diffusa in qualsiasi Sport.
Sebbene gli stessi prodotti commercializzati nelle catene di articoli per lo Sport promettano ogni volta ‘prestazioni mai viste prima’, in questo caso viene fatta una differenza ‘esistenziale’: parliamo di tecnologia sportiva che aumenta il valore di mercato del prodotto o un escamotage atto a far vincere gli atleti?
Le scarpe usate da Jacobs sono state indossate da molti atleti durante le ultime Olimpiadi estive; il dilemma che si sono posti alcuni esperti dopo le gare è stato piuttosto esplicito: bisogna annullare i record stabiliti con quelle scarpe ai piedi? Per il velocista giamaicano Usain Bolt, si tratta di un’innovazione “strana ed ingiusta” e “al limite del ridicolo”, in grado di aiutare la prestazione atletica falsando i risultati della competizione.
Un precedente simile, piuttosto importante, c’è stato: alle Olimpiadi di Pechino nel 2008 si verificò lo stesso dilemma nel nuoto, quella volta si parlava di costumi: qualcuno proponeva di annullare i record battuti da Michael Phelps, massimo fenomeno del nuoto mondiale. Precedente forse più chiacchierato, all’epoca, tanto che allora venne coniato il termine di “doping tecnologico”. Tra i componenti dei costumi incriminati c’era, anche in questo caso, la schiuma di poliuretano, che contribuiva a diminuire l’attrito con l’acqua, e tra i collaboratori al progetto c’era addirittura la NASA.
Gli stessi costumi vennero utilizzati in quegli anni in molti campionati mondiali di nuoto e praticamente tutti i record vennero stabiliti da atleti che li indossavano.
Allora si movimentò anche la FINA (Federazione Internazionale di Nuoto), ovvero un organo internazionale addetto all’amministrazione delle competizioni mondiali di nuoto, la Federazione più importante in quello Sport.
I costumi in poliuretano vennero esclusi dalle competizioni dal 2010 in poi, alcuni record rimasero attivi, altri vennero battuti in seguito da atleti con costumi “non tecnologici”, mentre non si ha notizia certa di record annullati.
Quello della tecnologia applicata allo sport è tema piuttosto ampio e discusso, dove vengono fatte sostanziali differenze tra progressi tecnologici atti a migliorare il comfort durante la prestazione atletica e quelli che invece puntano a far vincere l’atleta per innalzare il nome del marchio.
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