“Il contrario di città non è campagna, è deserto. Deserto come luogo fisico e solitudine esistenziale”, scrive Renzo Piano commentando i risultati della campagna elettorale francese al Corriere della Sera nell’aprile del 2022.
A volte le nostre periferie diventano per alcuni quel deserto, a causa della mancanza di stimoli e opportunità. Eppure molto si può e si potrebbe fare per rendere foresta quel deserto.
Il Municipio VI, in cui è compresa Torre Maura, che quest’anno compie 100 anni, è una di queste periferie, tra le zone più densamente abitate e periferiche della Capitale, con oltre 25.000 abitanti. Situato nella periferia est della città, il distretto VI comprende alcune zone residenziali intorno alle strade Casilina e Prenestina, per circa 10 chilometri partendo dai comuni limitrofi nei quali termina la città di Roma. E’ suddiviso in otto zone urbanistiche: Torre Maura, Giardinetti-Tor Vergata, Acqua Vergine, Lunghezza, Torre Angela, Borghesiana e San Vittorino. I quartieri e le frazioni che compongono il Municipio sono sorti principalmente nel ventesimo secolo, con l’obiettivo di far fronte al bisogno abitativo nel corso degli anni.

La maggior parte delle case, infatti, sono state costruite durante il boom edilizio degli anni ’70, e sono frutto di edificazione diretta. Ciò significa, che dopo aver acquistato i terreni, sono stati gli stessi proprietari a costruire le proprie residenze, spesso con l’aiuto di tutta la famiglia e anche dei vicini.
Come ha fatto Severino Scudieri, classe 1946, insieme alla sua famiglia come testimoniato dal libro “Torre Maura” di Laura Dondolini e Pierina Nuvoli (Ed. Civilmente, 2016 ).
“Mio padre Domenico – racconta Severino – comprò un pezzo di terra su via delle Rondini e cominciò a costruire una piccola casa. … Dietro la nostra abitazione avevamo la marana che, durante le piogge, si gonfiava e inondava il nostro terreno e quelli confinanti. Per fortuna mio padre aveva costruito l’edificio un po’ in alto, così le nostre stanze non si allagavano, mentre le altre case erano invase dall’acqua.”
Il progetto urbanistico era spesso inerente alla singola borgata, senza tener conto della pianta della città, e senza prevedere un’urbanizzazione tanto veloce negli anni. Questo ha portato ad una rete stradale disordinata e poco funzionale, con vie molto strette e in alcuni casi senza marciapiedi a causa della loro larghezza.
Vi sono, poi, vari complessi di edilizia popolare moderna, il più noto è il quartiere di Tor Bella Monaca, e altre zone, sempre di edilizia popolare ma risalenti all’epoca fascista, come il quartiere di Villaggio Breda.
Anche Torre Maura fu investita dal boom edilizio, e alla fine del 1977 erano pronti i primi 600 appartamenti ISVEUR. E con l’arrivo dei primi abitanti sorsero anche i primi problemi per l’assegnazione degli alloggi, tanto che vennero arrestate 24 persone.
Come documentato sempre dal libro “Torre Maura”: “Una volta ristabilitasi la situazione, gli appartamenti vennero regolarmente consegnati e Torre Maura si ingrandì con l’arrivo di tantissimi nuclei familiari. Il quartiere, cresciuto rapidamente, portò con sé anche parecchi disagi … in particolare non si avevano le strutture per gestire le emergenze. Inoltre la gestione dei rifiuti non funzionava molto bene; la viabilità era carente; non vi erano asili nido e le aule della scuola erano insufficienti per tutti i bambini del quartiere; la rete fognaria non era ancora adeguata e la marana a cielo aperto era divenuta un punto malsano e pericoloso; infine non esistevano spazi ricreativi e condivisi per gli anziani e i bambini”. Le nuove case invece di integrarsi con il borgo preesistente rimasero oasi nel deserto e la convivenza tra vecchi e nuovi abitanti non fu facile.
Allora come oggi, questo insieme di problemi comuni a molti quartieri metropolitani – come l’alta densità abitativa, la viabilità, l’assenza di spazi pensati per il commercio e la posizione periferica – hanno fatto conoscere la zona del Municipio VI come un “quartiere dormitorio”.
Il termine di “quartiere dormitorio” definisce, appunto, un’area urbana pensata principalmente per abitazioni private, dove gli spazi comuni, i servizi pubblici e l’offerta commerciale e lavorativa sono ridotti all’essenziale o comunque messi in secondo piano.
Generalmente, quando si tratta della periferia di una grande città, l’argomento inizia a far parte di quei temi politici che generano molto dibattito, ma senza una soluzione chiara al problema.
Questo forse è dovuto anche al grande numero di “zone dormitorio” sparse nella grande metropoli e simili tra loro, che rendono difficile decidere quali possano essere le vere priorità del territorio. Oppure, anche alla difficoltà di migliorare tali quartieri, senza, per usare un modo di dire, “mettere una toppa peggio del buco”.
E così, anche nel caso del Municipio VI, ci sono gli evidenti problemi di una periferia trasandata: la poca o nulla pulizia delle strade, l’immondizia non raccolta, i beni pubblici danneggiati e la mancanza di qualsiasi accessibilità per i portatori di disabilità.
Al tempo stesso, negli ultimi anni si è visto un miglioramento della situazione grazie anche alla rivoluzione digitale, basti pensare alla facilità con la quale reperire un articolo di elettronica o abbigliamento su internet, ad un prezzo maggiormente competitivo, senza il bisogno di prendere la macchina e risparmiando tempo.
Oppure, ancora, con l’arrivo dei monopattini elettrici come mezzo di trasporto comune è diventato molto più semplice e veloce spostarsi a pochi chilometri da casa, per fare la spesa dove più ci conviene o trovare un amico che abita in zona senza prendere la macchina o attendere i mezzi pubblici in orari poco coperti.
Nello specifico per il Municipio VI, c’è stata una svolta epocale con la Metro C, seppur ancora non ultimata, che ha garantito un miglior collegamento alle zone centrali di Roma, e quindi una possibilità per molti di raggiungere il proprio lavoro con meno stress e un minore rischio di imprevisti.
Purtroppo, come riportato spesso nelle cronache dei quotidiani, anche la Metro C soffre di pesanti problemi riguardanti l’accessibilità per gli utenti diversamente abili, ad esempio i continui guasti agli ascensori e le barriere architettoniche ne rendono impossibile l’accesso a sedie a rotelle e passeggini.

Una priorità per il Municipio è anche la questione dell’occupazione lavorativa in una delle zone periferiche con il più alto tasso di disoccupazione giovanile, problema condiviso con il resto del Paese. Secondo l’Istat, a fronte di un’occupazione stabile che cresce, c’è ancora un esercito di giovani senza lavoro. Nel mese di settembre 2022 il tasso di disoccupazione totale rimane al 7,9%, mentre quello giovanile (15 – 24 anni) sale al 23,7%, ovvero 1,6 punti in più rispetto ad agosto di questo stesso anno.
Ed ovviamente, andrebbero presi maggiori accorgimenti per le persone diversamente abili attraverso la cura dei beni pubblici essenziali, tra le maggiori lacune sul territorio.
Racconta don Aristide Sana: “Nel settembre 1976 le piogge torrenziali travolsero il ponticello di legno sulla marana, che collegava via Giglioli a via del Fringuello. Come arrivare all’altra parte di Torre Maura? Aspettare i lunghi tempi del Comune, rassegnati? Decidemmo di provvedere da soli. Lavorando per qualche pomeriggio tutti insieme, creammo il nuovo ponticello, che permise il transito degli abitanti”.
Come in passato la solidarietà tra cittadini era capace di ricostruire i vecchi ponti di legno che permettevano di attraversare la marana, oggi la stessa solidarietà e costruttività possono essere la chiave per risolvere i maggiori problemi del Municipio.