L’odore dei colori. TAF si racconta
“L’artista disegna qualcosa di cui nessuno ha bisogno…” (Andy Warhol).
La vita da disegnatore di Taf si divide in due momenti, il primo da quando è nato in cui disegnava per sé, poi ha avuto la fortuna di crescere con il padre che lavorava con i colori (oreficeria). Ha sempre letto fumetti e si paragonava ai grandi artisti, per questo da piccolo pensava di non essere capace. I primi soggetti: classici che piacevano ai bambini, Topolino, soggetti vari. Leggeva cose da grandi, volgarità, sessualità esplicita… ma lui era interessato ai soggetti, alle storie della cornice americana. Se si analizza il termine “artista”, capiamo che in termine arcaico vuol dire “realizzare qualcosa”, “essere artigiano”, ovvero qualcuno che vive della sua arte.
La mia passione per l’arte nasce da bambino, ispirato dal fatto che mio padre lavorasse come orefice, il che mi consentiva di vedere tanti colori e di sentirne il piacevole odore. Ho iniziato a disegnare molto presto, ma le tematiche a cui mi ispiravo erano varie, alcune molto diverse da quelle degli altri bambini della mia età e più spinte, da adulti. Nonostante io disegnassi inizialmente solo per me stesso, da una parte non facevo che fare il paragone con gli altri artisti e non mi sentivo mai capace o alla loro altezza.
Secondo me un artista deve conoscere bene le basi e ciò che c’è dietro un disegno o un’immagine, per poi tradurla in qualcosa di comprensibile a tutti. Non bisogna disegnare su un muro un simbolo troppo difficile da interpretare, perché l’arte è libera e per tutti. Penso anche che lo stile debba mutare, essere modificato da un vero artista a seconda dei temi e delle situazioni, proprio come faceva il fumettista e disegnatore Andrea Pazienza, a cui mi sono sempre ispirato.
Direi che al giorno d’oggi ci troviamo in un momento di incertezza che accomuna tutte le arti (comprese la musica e il cinema) perché c’è una carenza di idee, non esiste una vera e propria corrente artistica come anni fa. La pop art forse sta tornando di moda, ma pur sempre riciclando tematiche che fanno parte del passato. L’unica innovazione che continua a svilupparsi è l’intelligenza artificiale, che ci sta avvicinando sempre di più a un mondo in cui l’uomo va scomparendo e la tecnologia prende il suo posto.
La street art invece è invece l’arte del momento, l’arte di strada che punta ad abbellire i posti in cui viviamo e a consentire alle persone di poter vedere dei veri e propri capolavori all’aperto senza pagare il biglietto, magari girovagando per le strade di un quartiere i cui palazzi sono caratterizzati da murales giganteschi e dai mille significati diversi. A questo proposito, un artista che ammiro è Blu, a cui ho dedicato la mia tesi di laurea nel 2007. Blu è il primo artista di strada ad aver realizzato un cortometraggio interamente in stop motion su un muro. Lo ritengo un artista veramente puro perché il suo non è mai un lavoro fine a se stesso. Cerca di allenare il pubblico a una cultura che ama la natura, una delle mie opere preferite è “La catena del DNA” fatto su un palazzo con elementi relativi alla guerra e ai carri armati. Un’altra opera invece è caratterizzata da una stretta di mani enormi, con dietro un ampio paesaggio. I simboli di queste mani sono una della politica (c’è un simbolo su di essa) e l’altra della mafia (caratterizzata dai tentacoli di una piovra che stringe l’altra mano ma anche dei palazzi, simboleggiando così la corruzione).
Blu è il primo artista ad aver realizzato un cortometraggio in stop motion su un muro ed è famoso anche per il coraggio dei suoi messaggi. Blu è conosciuto anche perché è stato vittima, qualche anno fa, di un cattivo evento perché le sue opere sono state staccate dai muri, attraverso un macchinario in grado di staccare uno strato di parete senza buttare giù il muro. L’hanno fatto perché volevano trasferire le sue opere nei musei e appropriarsi dei profitti. Blu si ribellò, organizzò una sommossa per far cancellare buona parte delle sue opere, e quindi fece sì che i muri divenissero tutti neri. In questo modo ha difeso i suoi disegni e l’ideale che lo ispira.
L’arte come un’esperienza totale è un tema che tocca anche me. Dal punto di vista lavorativo, infatti, non posso lamentarmi di ciò che faccio perché vivo della mia passione più grande, ma l’unico problema è che sono talmente dedito che spesso manca il tempo per me stesso, ci sono giornate così belle che vorrei andare al mare o fare qualcosa di piacevole, ma ho molti lavori a cui dedicarmi e alla fine rimango qui, allo Spazio Potenziale Argolab dove ho la possibilità di insegnare il mio modo di disegnare. Possiamo dire che il mio è un lavoro “egoriferito”, in quanto spesso riesco a mettere in campo la mia personalità e dare spazio alle mie idee, ma Argolab mi dà l’occasione di lavorare collettivamente, con altre persone, e allo stesso tempo di mettermi sempre più alla prova.