A cura di di Maria Grasso e Alessandro Reali
La prima Olimpiade di cui ho memoria è quella di Seul 1988, in cui il vicentino Gelindo Bordin (classe 59) riuscì a vincere l’oro nella maratona: il primo italiano a compiere l’impresa. Ricordo quel volto scavato dalla fatica e quel corpo esile nelle fattezze, ma altrettanto elegante e deciso nei movimenti. Fu in quell’occasione che ho scoperto, che nell’arco dei 42,195 km percorsi, un atleta può arrivare a perdere fino a 1 chilo di grasso corporeo ed è fondamentale che si idrati a intervalli regolari. Per questo motivo desta irritazione il gesto dell’atleta francese che, durante l’ultima maratona olimpica di Tokyo, ha rovesciato la prima fila di bottigliette, sottraendole agli altri concorrenti. Questo gesto, mettendo a rischio la salute degli atleti, minacciava quella fondamentale caratteristica dello Sport, in cui la competizione è all’origine della determinazione a vincere solo se inscritta nel codice della lealtà sportiva. Si può perdere una gara se l’avversario è più preparato, ma non se è più scorretto.
L’Italia, in questi giochi di Tokyo, ha gioito per i tanti successi ottenuti ma soprattutto per aver scoperto che c’è qualcosa di sano e di bello nei suoi confini. Uno spirito di squadra in cui ognuno è consapevole del proprio ruolo e dell’importanza della coesione. Una volontà di raggiungere traguardi importanti anche in sport minori, in quegli angoli meno conosciuti (solo perché in pochi hanno il coraggio di addentrarsi) ma dove ritroviamo gli stessi valori e la stessa grandezza di obiettivi.
In occasione della “Giornata Mondiale della Salute Mentale”, vorremmo ricordare un altro primato italiano: la chiusura dei manicomi e la costruzione della possibilità di una cura territoriale, quindi all’interno del contesto naturale di vita. Attualmente, ci troviamo ingaggiati nell’impresa di impedire che l’approccio esclusivamente farmacologico elimini l’attenzione ai dettagli, appiattisca i desideri, i pensieri e le azioni in schematiche formule deterministiche, che nella ripetizione trovano la scusa per non comprendere, per non approfondire e non permettere il cambiamento necessario.
E se i nostri atleti alle Olimpiadi non avessero pensato di uscire fuori dai soliti schemi?
Per passare da un primo numero sul Jazz ad un secondo dedicato alle Olimpiadi, come direbbe Luca Carboni: Ci vuole un fisico bestiale! E ci piace così. Perché oggi siamo noi gli atleti: i velocisti della penna, i canoisti del pensiero, i ciclisti delle immagini, i ginnasti della musica. Perché le sfide che ci vengono poste, possono essere accettate quando le regole sono condivise. Lo sport ci insegna che vale sempre la pena di combattere perché è l’unico modo che abbiamo per vincere. Così potremmo vedere gli spazi di crescita, e anziché lamentarci di essere cenerentole scopriremo che le carrozze dei percorsi di cura non si trasformano in zucche a mezzanotte!
Determinati e preparati raccogliamo la proposta lanciata dalla presidentessa della World Federation for Mental Health, Ingrid Daniels: “La Salute Mentale è affare di tutti e insieme abbiamo la responsabilità di fare una differenza significativa […] e creare un mondo in cui vi sia equità, uguaglianza e giustizia sociale. Una Salute Mentale per tutti: Make it a reality”. Per fare questo, cominciamo dalle storie. Usiamo la lente per ingrandire il particolare, per sottolineare quelle similitudini che ci rendono diversi, perché le Storie, ad Argolab2 così come nello sport, sono importanti.
In questo numero Veronica ci introdurrà al tema principale con: “Maratona, storia di un traguardo ideale”, a cui si aggancia l’articolo di Daniele sulla partecipazione dell’Italia agli ultimi Giochi Olimpici e quello di Gael sui nuovi sport di Tokyo 2020. Veronica ci racconta la storia di Pietro Mennea, recordman europeo sui 200 m piani, mentre Gael quella di Peter Norman, l’australiano che fu immortalato sul podio dei 200 m alle Olimpiadi di Messico 68, ma di cui quasi nessuno si accorse. Per la rubrica “Un tè con”, Gael intervista Giorgio Calcaterra di professione tassista e per virtù ultramaratoneta. La rubrica “Storie” è dedicata alla vicenda dell’atleta giapponese Kanakuri, scomparso misteriosamente a Stoccolma nel 1912, e ricomparso nel 67 per concludere un viaggio lungo 54 anni. Emanuele fa luce sulle nuove frontiere del doping in “Nuove tecnologie per lo sport”. Concludono le rubriche “Point Break” con i consigli di Veronica e “Leggerezze” a cura di TAF, in cui pubblichiamo il primo fumetto firmato da Manuel.
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