La Maratona è un evento sportivo di origini antiche che ha generato curiosità, entusiasmo, voglia di partecipazione ed è stato testimone di cambiamenti storici e sociali.
Le prime notizie sulla storia della Maratona provengono dai racconti di Erodoto, il quale narra che, durante la battaglia della piana di Maratona nel 490 a.C. tra greci e persiani, il giovane Filippide, un emerodromo (letteralmente “colui che può correre per un giorno intero”, ovvero un messaggero), percorse centinaia di chilometri per portare agli Ateniesi il messaggio della vittoria. In particolare egli racconta che Filippide, con l’armatura indosso, dopo aver percorso la distanza tra Maratona e Atene (circa 40 km) prima di morire per lo sforzo compiuto, dicesse “nenikèkamen”, letteralmente “abbiamo vinto”.
Da qui l’origine della Maratona. La prima gara dell’era moderna si tenne nel 1896 ad Atene durante le Olimpiadi e coprì una lunghezza di circa 40 km, richiamando appunto la distanza tra Maratona e Atene. Si svolse molto presumibilmente grazie alla volontà di Michel Breal, glottologo francese e studioso dell’antica Grecia, che suggerì a Pierre De Coubertin – ideatore della prima Olimpiade moderna – di instituire questa lunga corsa sportiva in ricordo dell’impresa dell’emerodromo Filippide.
Nel 1921 venne stabilita la lunghezza ufficiale della maratona di 42,195 km dall’allora regina d’Inghilterra per permettere ai suoi nipoti di partecipare alla corsa, facendola partire dai giardini reali e terminare davanti al palco dei sovrani.
Alla prima Maratona del 1896 partecipò Melpomene, la prima donna a gareggiare in modo non ufficiale alla gara, facendo tutto il percorso da sola e terminando in circa cinque ore e mezza. Non le fu consentito di entrare nello stadio per ordine di De Coubertin che volle rispettare la tradizione tutta maschile della sfida e per questo motivo terminò fuori dallo stadio.
Nelle Olimpiadi del 1908, la Maratona fu percorsa anche da un italiano, Dorando Pietri, un garzone di bottega di Correggio, che entrò nello stadio con un vantaggio di dieci minuti sull’intero gruppo, ma una volta giunto a pochi metri dal traguardo, cadde a terra sfinito. Provò a risollevarsi, si trascinò quasi come mostrano i filmati dell’epoca, fino a che un addetto al percorso si precipitò per aiutarlo, sostenendolo fino al nastro dell’arrivo. Quell’aiuto gli costò la squalifica ma, per il pubblico, rimarrà l’eroe dei Giochi.
Le immagini dell’uomo che provava a tutti i costi a risollevarsi commossero tutto il mondo, spingendo la regina Alessandra d’Inghilterra ad invitarlo a corte per consegnargli un ricco premio in denaro.
Nel 1967 la figura dell’atleta donna in questa disciplina venne resa ufficiale grazie a Kathrine Switzer che corse la maratona di Boston. Kathrine ricorse ad uno stratagemma: fornì solamente le iniziali dei suoi due nomi, ottenendo così il pettorale n.261. A 3 km dalla fine, i giudici di gara cercarono di fermarla per non farle raggiungere il traguardo; la donna terminò comunque la sua corsa in quattro ore e venti minuti.
Questa reazione così violenta degli organizzatori, che scesero addirittura in pista per tentare di fermare l’atleta scatenò numerose polemiche nell’opinione pubblica, permettendo così di ufficializzare la figura dell’atleta donna nella Maratona di Boston del 1972. La prima Maratona tutta al femminile invece è stata inaugurata nel 1984, a Los Angeles.
Non sono state soltanto le donne, negli anni, a essersi dovute conquistare il diritto a correre, anche per alcuni uomini la strada fu tutta in salita. È quanto ci ricorda la storia degli afroamericani Tommie Smith e John Carlos, due velocisti, arrivati rispettivamente primo e terzo alle olimpiadi di Città del Messico del 1968 che parteciparono, oltre che alla Maratona, anche alle altre gare di velocità.
Smith stabilì anche il nuovo record del mondo con 19,83 secondi alla finale dei 200 metri, da qui il suo soprannome “Jet”. Riuscì ad ottenere questo record malgrado un tendine infortunato e aver corso gli ultimi dieci metri con le braccia alzate. All’inizio la partecipazione degli afroamericani venne fortemente osteggiata dal Governo degli Stati Uniti, patria dei due corridori, esistendo ancora di fatto la segregazione razziale nel Paese.
Una famosa foto del fotografo John Donnies li ritrae sul podio, a piedi scalzi, con la testa china eil pugno chiuso mentre indossano un guanto nero. Gesto che venne fatto in segno di protesta per i diritti civili degli afroamericani violati, in sostegno al movimento Olympic Project For Human Rights.
Gli esempi di questi sportivi ci dimostrano come, attraverso lo sport, si possano veicolare messaggi di pace e di rispetto tra le persone.
La Maratona è, tra tutti gli sport, l’esempio più concreto della tenacia e della resistenza dell’uomo contro la fatica e gli imprevisti.
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