Rubrica di consigli di Film e Libri
PONTE DI NONA – LA TERRA DELL’ABBASTANZA (2018)

Ponte di Nona, quartiere del Municipio VI di Roma, è il set scelto dai fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo per il loro film d’esordio: La terra dell’abbastanza. Si tratta di un quartiere costruito da zero nei primi anni del 2000; un quartiere dormitorio realizzato senza scuole, parchi, asili, licei, posti di polizia, viabilità, strade di accesso, ferrovie. Gli unici segni recenti di infrastruttura sono il Centro Commerciale e una chiesa realizzata grazie alla spinta popolare dei fedeli locali. In questa pellicola la periferia è presente senza essere invadente, definita senza essere definitiva, che non ha paura di scardinare quell’idea intellettuale di quartiere “colorito” all’insegna del realismo nudo e crudo, non per questo meno affascinante.
CENTOCELLE – FORTUNATA (2017)

Del quadrante orientale di Roma, Tor Pignattara è anche quello in cui la componente multietnica è più vistosa. Quartiere di frontiera tra la periferia e le aree più gentrificate, edilizia popolare e condomini, incastonato tra l’Acquedotto Alessandrino e la Prenestina, confinante con il Pigneto. A pochi metri, in cima a una collinetta tra la ferrovia Roma Napoli, il quartiere Tor Pignattara e la Casilina c’è La Certosa un set a cielo aperto dove negli anni Cinquanta Luigi Zampa girò Ladro lui ladra lei con Alberto Sordi e Sylva Koscina; più recentemente Daniele Lucchetti ci ha girato La scuola e Francesca Archibugi Questione di cuore. L’ultimo è Sergio Castellitto con Fortunata, un cinema così radicato nei luoghi e negli spazi da essere stato più volte paragonato a un Mamma Roma di Pasolini, versione iperrealista.
DON BOSCO – SOLE CUORE AMORE (2016)

Don Bosco, ventiquattresimo quartiere di Roma a ridosso del Tuscolano, è nato insieme agli studi di Cinecittà e alla Basilica cui deve il nome. La sua piazza, con gli edifici di architettura fascista, era già stata set di alcune scene de La dolce Vita di Fellini. Oggi il quartiere diventa teatro della storia di due umanità nella periferia romana con Sole cuore amore, con cui il Daniele Vicari descrive il paesaggio di “un’interzona, non la periferia governata da spacciatori e tossici e neppure il centro borghese, ma quella situazione ambientale media, ‘normale’ in cui vive la maggioranza delle persone” racconta lui stesso in una recente intervista.
LAURENTINO – MANUEL (2017)

Il Laurentino 38 è una delle più grandi realizzazioni di edilizia economica pubblica a Roma: un quartiere costruito negli anni ’70 con l’idea di ospitare 32 mila persone.
Alla guida, un’equipe di architetti guidata da Pietro Barucci che progetto con l’idea di costruire un quartiere autosufficiente, sul modello inglese o olandese: case, negozi, scuole, uffici pubblici e privati, centri sociali distribuiti in quattordici insulae, ognuna con sette edifici, di cui cinque in linea, una torrje e un ponte che li teneva insieme e dove si pensava di sistemare negozi e servizi. Sotto le macchine, tenute lontane dal percorso pedonale sovrastante.
Ma molti servizi promessi non vennero mai realizzati, la manutenzione venne abbandonata, si insediano molte famiglie abusive, e si costruisce la situazione sociale raccontata da Dario Albertini in Manuel, un film che racconta la periferia che non offre prospettive né a chi resta, né a chi se ne va.
TOR BELLA MONACA – LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT (2015)

Realizzato in base alla legge 167 negli anni ’80 e ricostruito secondo il progetto elaborato da Leon Krier, il quartiere di Tor Bella Monaca è famoso per il Serpentone di Pietro Barucci, quello che vediamo nei campi lunghi del film, con le torri che spuntano sullo sfondo. In un ipotetico tour architettonico ci soffermeremmo sulla chiesa del quartiere, Santa Maria del Redentore, progettata da Pierluigi Spadolini nel 1985 con la copertura di Riccardo Morandi e gli interni dello scultore Mario Ceroli.
Ma Lo chiamavano Jeeg Robot, diretto da Gabriele Mainetti, racconta un’altra storia, girata con un’estetica da borgata per dipingere un supereroe di periferia. Un film autoprodotte e low budget, che riesce a trasformare lo scenario in un contesto assurdo, in cui i personaggi restano coerenti.
GRANDE RACCORDO ANULARE – SACRO GRA (2013)

L’ultimo film è IL film sulla periferia di Roma da cui tutto è iniziato, e la location è altrettanto emblematica: il grande raccordo anulare.
Un saggio, poema e documentario sulla vita nella “suburra” romana vista dal nastro di cemento che circonda Roma.
In Sacro Gra Gianfranco Rosi ha intervistato le persone che vivono e lavorano attorno a questo confine circolare: due prostitute che vivono in un camper, un allevatore di anguille, donne che ballano in un bar lungo la strada, operai edili, persone che affittano le loro ville per feste private e un equipaggio dell’ambulanza. Il risultato è una pastorale urbana, una lettera d’amore a Roma, e alla sua periferia.
QUARTICCIOLO – IL CONTAGIO (2017)

Roma, periferia sud-est, Quarticciolo, il “piccolo quartiere”; una delle 12 borgate ufficiali disegnate dal piano regolatore di Marcello Piacentini nel 1935 per allontanare i ceti popolari dal centro storico di Roma, si presenta come una delle migliori realizzazioni progettate nel campo dei nuclei urbani di tipo popolarissimo. Le case popolari sono firmate dall’architetto Roberto Nicolini, all’epoca direttore dell’Ufficio progetti IFACP (Istituto Fascista Case Popolari). Gli abitanti sono riusciti a trasformare un quartiere dormitorio in una zona viva, grazie a spazi come il Teatro-biblioteca e la Biblioteca Popolare del Quarticciolo, un ex locale caldaie di uno dei lotti popolari del quartiere abbandonato da anni, dove oggi è possibile anche fare boxe a prezzi popolari.
Qui Matteo Botrugno e Daniele Coluccini hanno girato Il contagio, adattamento dell’omonimo romanzo di Walter Siti e ritratto della Roma criminale che si realizza nel dramma di una palazzina e delle sue famiglie, in una sorta di gara a chi sta peggio che ci porta dentro i piccoli appartamenti della borgata.